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Elisabetta d'Austria-Ungheria è stata per secoli rappresentata come una donna dolce e mite, immagine romantica di figlia, moglie e madre. Sull'immagine di Elisabetta, la cui figura si è con il tempo trasformata nella "Sissi" dei cartoni animati e dei film, è fiorita una letteratura e una storiografia che non corrisponde alla realtà: nel 1951 il presidente della Confederazione Elvetica ricevette un plico che conteneva i tre volumi del diario poetico dell'imperatrice. Le poesie di Elisabetta d'Austria sono "specchi ad angoli obliqui" che hanno la capacità di fare luce non solo sui rapporti umani e politici interni alla famiglia imperiale ma anche di fotografare l'evoluzione emotiva e interiore della loro autrice. Matteo Tuveri, sulla scia di Virginia Woolf, mostra al lettore non solo un'Elisabetta dalle tinte forti che, attraverso l'imitazione del grande Heine, dischiude al mondo la sua variegata natura, ma, cristallizzando la "poetica del disincanto", racconta anche un Ottocento che stenta a riconoscere in Heinrich Heine la luce intellettuale dei secoli a venire.